Torna il focus di osm1816 sul mercato cinese: oggi parliamo della necessità dei brand in Cina che entrano nel mercato di cinese di adattarsi ai consumatori del posto. Un compito difficile e molto delicato che richiede tempo, studio e più tentativi. Per farlo, ci serviamo del supporto di un articolo apparso su jingdaily.com.

La Cina è diventato il mercato a cui tutti i brand di fama globale puntano: “sfondare” in questo paese equivale a conquistarsi un posto in uno dei mercati più potenti e influenti del mondo. Conquista tutt’altro che facile: molti brand hanno imparato a proprie spese che non è il consumatore cinese a doversi adattare al brand, ma viceversa. Sono i brand a doversi avvicinare al potenziale cliente cinese, addentrandosi in una complessa (ma non impossibile) ricerca di punti di contatto con lui.

La questione più importante da capire, per i brand globali, è una e semplice (ma spesso incredibilmente sottovalutata): la differenza culturale tra la Cina e i marchi occidentali – che creano, appunto, per la loro “fetta” di pubblico. C’è bisogno di un serio, approfondito e sensibile studio delle differenze culturali: solo attraverso questo passaggio, che confluisce poi in un “rimodellamento” del prodotto per i clienti cinesi, si può tentare il “grande passo” verso questo mercato. Alcuni grandi nomi ci hanno provato e pare stiano facendo bene.

Come ottimizzare il business in Cina

Il primo esempio è Zara, uno dei brand più conosciuti della moda. Il marchio ha capito che, per tentare di trovare il proprio spazio nel mercato dell’abbigliamento in Cina, avrebbe dovuto adattare i suoi capi e “customizzarli” sulle taglie cinesi (diverse da quelle occidentali: basti pensare che una taglia small occidentale corrisponde più meno ad una taglia medium in Cina), ma anche sul gusto dei possibili compratori.

Un altro esempio positivo è Starbucks, colosso del caffè amato e conosciuto in tutto il mondo, che ha avuto un’ottima intuizione: instaurare partnership con delle controparti locali. All’inizio della sua avventura in Cina, Starbucks ha affidato le sue mosse alla Maxim’s Caterers, joint venture di Starbucks con base a Hong Kong, e ha stretto partnership con alcune catene locali – come ad esempio Mei Da. Starbucks ha ampliato la sua offerta proponendo una vasta selezione di thè e snack per venire incontro ai gusti della clientela cinese e ha, inoltre, modificato parte dell’arredamento iconico delle caffetterie, sostituendo le sedie per il singolo avventore con lunghe panche, in grado di ospitare gruppi numerosi. Il motivo? Venire incontro alle esigenze dei cinesi, sempre più propensi al co-working. Grazie a queste ed altre intelligenti intuizioni, Starbucks conta oltre 3000 punti vendita in Cina – destinati a crescere di molte altre unità: un risultato davvero straordinario.

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