La settimana scorsa abbiamo iniziato un discorso delicato e che, almeno una volta nella vita, tutti abbiamo sperimentato: chiedere aiuto a qualcuno. Che sia stato per motivi personali o lavorativi, le sensazioni di paura e disagio che spesso provoca questa semplice e spontanea richiesta finiscono per bloccarci psicologicamente.

Se nell’articolo precedente abbiamo analizzato il problema servendoci anche di studi psicologici e qualche dato, oggi cerchiamo di dare qualche spunto su come affrontare la cosa: ecco tre “rinforzi” da utilizzare nel momento del bisogno.

La forza del gruppo

Uno dei rinforzi che ci sentiamo di consigliarvi è quello di assicurare al vostro potenziale “soccorritore” di fargli sapere che siete una squadra. Avere il supporto reciproco è fondamentale, nonché un bisogno innato della specie umana. Ci sono diversi modi per realizzare questa cosa: ad esempio, una ricerca condotta alla prestigiosa Stanford University dimostra che l’utilizzo del termine “insieme” può avere un effetto notevole. Si può, in alternativa, fissare un obiettivo comune, un “nemico” o un “rivale” simbolico sul lavoro da battere, un competitor diretto o indiretto da superare nelle vendite o nel successo di un progetto. Condividere esperienze, percezioni, pensieri ed emozioni è fondamentale per alimentare la forza di un gruppo che, coeso, lavora sereno e raggiunge successi.

Imparare a chiedere aiuto

L’ identità positiva

Il secondo segnale da inviare a potenziali aiutanti riguarda la creazione e la valorizzazione della persona che vi sta di fronte: è importante dare ad essa la sicurezza che possa essere una persona generosa a prescindere, non solo con voi. Ad esempio, studi sulla comunicazione hanno dimostrato che le persone tendono di partecipare di più ad iniziative benefiche se gli viene chiesto di essere “un generoso donatore” (invece di “donare” e basta); i bambini, quando invitati a fare la loro parte in attività ecologiche, sono più propensi a partecipare se viene chiesto loro di “essere degli aiutanti” (piuttosto che “aiutare”). Ad ogni modo, è importante tenere a mente che non tutti hanno la stessa visione dell’identità positiva, quindi è opportuno modificare il messaggio da veicolare in base al destinatario.

Le persone desiderano vedere l’impatto che il loro aiuto ha sulle vite degli altri. Non è una questione di ego.

La gratitudine è un altro modo potente per incentivare, in coloro che aiutano, un sentimento di identità positiva. Da un recente studio – condotto dalla compagnia di software Boomerang – su 350.000 scambi di email è emerso che formule di chiusura quali “Grazie in anticipo” e “Grazie” hanno prodotto una percentuale di risposta che va dal 63% al 66%, a differenza del 51-54% di coloro che hanno terminato la loro email con “Cordiali saluti”, “Saluti” e “Ciao”.

Anche se espressi preventivamente, segnali di gratitudine mantengono alta l’attenzione e la considerazione di chi vorrebbe aiutarvi – finché vi concentrate sull’altruismo e sulla generosità altrui piuttosto che sul beneficio che trarrete dall’aiuto di terzi.

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Efficienza

Coloro che vi tendono la mano vogliono vedere e sapere qual è l’impatto che il loro aiuto avrà su persone, situazioni, ecc. Nulla di ciò ha a che fare con l’ego: molti psicologi pensano che il sentimento di efficienza – ossia la consapevolezza che le proprie azioni siano utili a qualcuno – è fondamentale per la motivazione dell’essere umano. Ergo, per assicurare a chi vi aiuterà che la sua assistenza ha tanto valore ed è importante, sarà necessario essere molto chiari su ciò di cui si ha bisogno, rendere sempre partecipe l’altro della sua efficienza.

Come riassumere, in poche righe, questo tema così importante quanto delicato? Ricordate sempre che, quando avete bisogno di aiuto, è molto probabile che chi vi sta di fronte è disposto ad aiutarvi più di quanto pensiate. In pochi avranno un giudizio negativo su di voi perché chiedete una mano, e non c’è nulla di meglio che far sentire gli altri utili per gratificarli.

Aiutare tira fuori ciò che di buono c’è in noi, e fa bene a mente e cuore.

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